Ha fatto più morti fra i vegetali, nello scorso inverno 2021/22, la siccità che il freddo (che praticamente non è arrivato). Numerose sono state infatti le piante che, in primavera, non hanno ripreso a vegetare: non le ha uccise il gelo, bensì la mancanza d’acqua.
Dunque, nell’imminenza del prossimo inverno, ricordatevi di monitorare la situazione “piogge” sia in giardino sia in terrazzo, senza fidarvi del fatto che “le piante sono tutte a riposo”: se si dovesse verificare nuovamente una condizione di 2-4 mesi senza precipitazioni, anche gli esemplari apparentemente “inanimati” rischiano seriamente la sopravvivenza.
Scala di rischio
Le più assetate anche d’inverno sono le piante erbacee perenni con parte aerea, quelle cioè che rimangono verdi e fogliose anche in controstagione: bocca di leone, garofani di tutte le taglie, eliotropio, gerbera, margherite, petunie & co., Solanum da fiore e da bacca ecc.
Seguono gli alberi e arbusti sempreverdi, soprattutto nei primi anni dopo l’impianto e se non hanno un volume di terra sufficiente per affrancare le radici dalle precipitazioni.
Entrambe le categorie rischiano molto se rimangono per più di 15-30 giorni senz’acqua durante l’inverno. Sono infatti programmate per effettuare la fotosintesi anche nelle giornate invernali meno rigide e soleggiate, ma senz’acqua vengono inibite in maniera grave.
Poi c’è tutto il resto del mondo: alberi e arbusti decidui, erbacee perenni prive di parti aeree, bulbose e rizomatose con o senza vegetazione. L’assenza di parti verdi denota il riposo invernale per queste tipologie di piante: apparentemente non avrebbero bisogno d’acqua, ma in realtà una piccola necessità riguarda anche loro, sebbene molto più dilazionata rispetto alle categorie precedenti. Un’annaffiatura di soccorso ogni 45-60 giorni è indispensabile anche per loro.
Perché serve acqua
L’acqua è fondamentale non solo per chi ha ancora il fogliame, e quindi “lavora” sebbene ai minimi termini, sfruttando l’acqua assorbita dalle radici, ma anche per le piante a riposo. Queste non effettuano logicamente alcuna azione vitale, a partire dalla fotosintesi, ma le radici – che siano filiformi o ingrossate in bulbi, tuberi o rizomi – necessitano di un ambiente minimamente idratato per non vedersi costrette a cedere, per osmosi, esse stesse l’acqua al terreno asciutto. Com’è ovvio, un’evenienza del genere porterebbe a un disseccamento totale delle cellule radicali, con conseguente morte delle stesse e quindi dell’intera pianta.
Inoltre, un soggetto che durante l’inverno fosse stato debilitato dalla siccità, anche senza arrivare alla dipartita, approda alla primavera in una situazione di stress – anziché di riposo come dovrebbe essere – venendo esposto a ogni genere di parassiti animali e malattie fungine dovesse vagare nell’aria. In sostanza, una pianta stressata dalla mancanza d’acqua in inverno rischia poi in primavera di tentare una timida ripresa che può essere stroncata da qualunque avversità.
Infine, una pianta stressata e indebolita è anche molto più esposta ai pericoli connessi con l’arrivo di un calore elevato e repentino – com’è molto probabile sarà d’ora in poi –, magari congiunto a un’ulteriore assenza di piogge.
Il rischio di perdere le piante è dunque altissimo.
Come e quanto bagnare
Il tempo limite di assenza di precipitazioni varia in base a numerosi fattori. Molto dipende dalla temperatura ambientale diurna e dall’insolazione: con massime superiori ai 10 °C e un buon soleggiamento, le piante continuano a lavorare, e quindi necessitano di acqua, indicativamente ogni 7-10 giorni; viceversa, con massime attorno a 5 °C e poco o niente sole (e magari la nebbia), la richiesta è minima e si può intervenire ogni 15-20 giorni.
Le piante in vaso, soprattutto se erbacee, hanno una resistenza più limitata rispetto a quelle in piena terra in giardino, le cui radici possono pescare acqua anche negli strati più profondi.
Ovviamente le erbacee sono più esposte a rischi rispetto alle specie legnose.
Non vanno dimenticate le piante sotto protezione: quelle ricoverate in serra, ma anche quelle in esterni avvolte nella plastica o nel tessuto non tessuto, vanno bagnate a cadenza regolare, variabile fra 15 e 30 giorni a seconda della tipologia di pianta (erbacea o legnosa).
Infine, tutte quelle decidue o prive di parti aeree sono le più resistenti, ma anche per loro è consigliato un piccolo apporto ogni 30 giorni senza pioggia o altra precipitazione.
In linea di massima, si consiglia di fornire un bicchiere d’acqua alle piante erbacee in vaso da 18 cm di diametro, aumentando la quantità per gli arbusti sempreverdi coltivati in vaso (fino a 1 l in un vaso da 50 cm). In giardino invece si può fornire un paio di litri a ogni esemplare arbustivo o giovane albero sempreverdi, e circa 1 l alle legnose decidue e alle erbacee vegetanti.
Scegliete sempre una giornata tiepida e soleggiata, per agire, erogando l’acqua nelle ore centrali della giornata e comunque mai oltre le 14, per evitare il momento della discesa termica.
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